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Napoli

  • Immagine del redattore: Claudio
    Claudio
  • 26 mag 2021
  • Tempo di lettura: 2 min


Alzai gli occhi e fui travolto dall’intenso blu del cielo, che si infilava sbarazzino tra le fessure delle case che nascondevano i vicoli. Giocava anche a nascondino tra le migliaia di panni stesi ai balconi ed alle finestre, in un ticchettio di colori che cantavano all’unisono con l’intensa luce del sole!
Abbassai lo sguardo alla mia altezza e fui travolto dal vociare allegro dei bambini che si rincorrevano tra l’asfalto spesso rotto delle strade nella quali stavano crescendo…o dalla musica melodica che sbucava dalle finestre che si affacciavano sopra la mia testa. Un possente ed emozionante concerto!
Mi voltai a sinistra e fui travolto dal sorriso del mio amico. Un sorriso perfettamente in tinta con il posto nel quale mi trovavo. Un sorriso che non vedevo da anni, ma che si mostrava nella mia memoria tutte le volte che la sua voce mi risuonava telefonicamente nelle orecchie.
«T’aggia fa assaggià “Pasta, patate e provola”!», mi aveva ordinato qualche minuto prima in Piazza Plebiscito! 
“Ora è lui che comanda!”, avevo pensato mentre sorridevo dentro per la felicità di averlo rivisto dopo troppo tempo. E sorridevo ancora di più per aver conosciuto la sua nuova compagna: ritratto della solarità tipica dei partenopei.
 I Quartieri Spagnoli, i Bassi, ormai non mi mettevano più paura. Ero con loro e mi sentivo sicuro.
«Eccola là. Tu rimani accà co’ Savia che io vago a vedè se c’è posto», mi ordinò un’altra volta al punto che pensai “Mo’ ce sta a prenne troppo l’abitudine a comandà! Sto regazzino!”.
Ci ha lasciato insieme per pochi minuti, sufficienti però a stringere un patto. Poterci alleare contro di lui, per tirare fuori il lato più bello del suo essere: ridere e scherzare. Senza dietrologie, senza offese. Solo ed esclusivamente per il gusto di star bene…divertirsi.
I raggi del sole ancora amoreggiavano con i panni stesi di quei vicoli. Dalle finestre si sentivano i suoni dei pranzi domenicali dei Bassi, dove il rumore delle forchette si alternava al vociare dei commensali.
La nostra camminata, diventata più pesante per il piacere di esserci strafogati con la semplicità della cucina popolare, era diretta a gustarsi l’immancabile “Caffè del Professore”.
Il mio cuore non era comunque sazio della vicinanza di Visciè…perché la sua bontà è talmente gustosa da assaporare che non ti basta mai!

 
 
 

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