Con il rispetto di Vostro Onore
- Claudio
- 11 set 2022
- Tempo di lettura: 2 min

«Con tutto il rispetto, Vostro Onore, noi non viviamo in quest’aula giudiziaria», così risponde Denzel Washington nel fil Philadelphia.
È proprio così.
Noi non viviamo in un’aula di tribunale, dove la legge non ha (o almeno non dovrebbe avere) discriminazioni in base al sesso, alla religione, al colore della pelle o alle preferenze sessuali.
Noi non viviamo in altri luoghi dove il politicamente corretto non distingue (o almeno non dovrebbe distinguere) in base al sesso, alla religione, al colore della pelle o alle preferenze sessuali.
Noi viviamo nel mondo…e nel mondo esistono le distinzioni. Esistono le disparità. Esistono le discriminazioni.
Un film dove Denzel Washington, Tom Hanks e altri famosi attori e attrici hanno finalmente abbattuto un muro di omertà e di silenzi che avevano messo ai margini della società uomini e donne che avevano contratto l’HIV. Era il 1993 e tanto non si conosceva dell’HIV e dell’AIDS: perché aver contratto l’HIV non significa essere malato, mentre il conclamarsi nell’AIDS purtroppo fa sì che le persone più care piangano la tua assenza, la tua morte.
Ho terminato da poco di vedere una serie televisiva molto leggera: MERLI’, la storia di un gruppo di ragazzi che studiano Filosofia all’Università di Barcellona. È ambientata nei nostri giorni e narra degli intrecci non solo di questi studenti ventenni, ma anche dei loro professori e delle loro famiglie: generazioni che si incontrano, si scontrano e si confrontano. È una storia leggera, ma spesso attraverso la leggerezza si riescono ad affrontare i problemi seri, guardandoli nella maniera migliore, liberi dai pregiudizi che ci portiamo dentro. Il protagonista della serie TV contrae l’HIV e vive il trauma dell’accettazione, prima con sé stesso e poi con chi lo circonda.
Che cosa è cambiato dal 1993 ai giorni nostri?
Niente…praticamente niente se non la possibilità di evitare la malattia dell’AIDS, visto che la scienza ha trovato una cura efficace per il controllo del virus.
E allora mi sono posto una domanda: “Come reagirei io se una persona a me vicina mi confessasse di essere sieropositivo?”
Qui, sulla tastiera con la quale sto scrivendo o dietro lo schermo dal quale state leggendo queste mie parole, risponderei: «Che problemi ci sono?».
Ma la verità non è questa. Perché ho paura. Ho paura di qualcosa che conosco sulla carta, ma non in carne e ossa. Perché ho avuto la fortuna di non avere amici, conoscenti, parenti o persone alle quali voglio bene che abbiano contratto il virus. Persone sieropositive.
Ma la paura non mi può giustificare (come non può giustificare nessuno) e quindi farei di tutto per scrollarmi di dosso quelle paure. Senza ma e senza se.
…e quando riuscirò a sconfiggere questo tabù potrò vivere a testa alta “…al di fuori di quest’aula giudiziaria…”
PS: di seguito vi lascio alcune testimonianze e alcuni trailer che mi hanno aiutato a pormi in atteggiamento combattivo per distruggere le mie paure.
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